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Rovine di Orcomeno, Beozia - Illustrazione da "Vedute della Grecia" di Edward Dodwell

Rovine di Orcomeno, Beozia - Illustrazione da "Vedute della Grecia" di Edward Dodwell

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Rovine di Orcomeno, Beozia è un'illustrazione tratta dalla raccolta Views in Greece from Drawings pubblicata da Edward Dodwell nel 1821.

Le rovine di Orcomeno, in Beozia, sono una toccante testimonianza dell'antico splendore di questa antica città. I resti delle sue imponenti strutture, ora ricoperti dalla vegetazione, raccontano la storia di una civiltà fiorente, un tempo rinomata per la sua ricchezza e influenza.

Di seguito è riportata la trascrizione letterale dell'avviso che accompagna questa targa:

Questa famosa città, la cui ricchezza fu proverbiale fin dai primi secoli, fu fondata, secondo Pausania, da Andrea il Tessalo, da cui prese il nome di Andreis. In seguito fu chiamata Flegia, dal nome di un figlio di Marte, e più tardi Orcomeno, dal nome di un nipote di Nettuno, figlio di Mimante. L'antico nome di Orcomeno è stato convertito dagli attuali abitanti in quello di Scripou. La sua acropoli, rappresentata in questa tavola, è situata su un colle scosceso e accidentato, parte del Monte Eonzio, che si erge a ovest della città bassa e che ha la Cefissua che serpeggia lungo la sua base meridionale. Le mura dell'acropoli, che si estendono dalla pianura fino alla sommità del colle, racchiudono un triangolo irregolare, il cui angolo acuto termina sulla sommità della rupe, coronata da una grande torre quadrata, di costruzione regolare, a cui si accede tramite novantuno gradini scavati nella roccia.

In queste mura possiamo distinguere i primi tre stili di costruzioni militari di epoca primitiva. Lo stile tirintese è visibile solo in pochi punti. Lo stile poligonale, famoso per la splendida giunzione delle pietre, è quello che predomina. Le mura dell'acropoli sembrano aver subito almeno due grandi sconvolgimenti. Sappiamo, dalla testimonianza di Diodoro Siculo, che la città fu distrutta da Ercole e che subì una catastrofe simile nella guerra contro i Tebani, avvenuta intorno al 364 a.C. La rozzezza dello stile tirintese che osserviamo in queste mura dà motivo di credere che sia anteriore al tempo di Ercole. L'acropoli era accessibile da tre porte, una delle quali si trovava alla base sul lato est, un'altra a nord e la terza a sud. Quest'ultima sopravvive ancora nella sua interezza e due enormi blocchi ne formano l'architrave. L'edificio più famoso di Orcomeno era il Tesoro di Minia, che Pausania definisce una delle meraviglie della Grecia. Era realizzato in marmo bianco. L'ingresso, ancora intatto, è sormontato da un architrave ricavato da un unico blocco di marmo, lungo quattro metri e mezzo, alto due metri e mezzo e spesso un metro e mezzo.

La vista attuale rappresenta il lato sud dell'Acropoli. In lontananza si vedono Daulide, Panopea, Cheronea e il monte Parnaso, coperto di neve, che si erge sulla memorabile pianura dove la Grecia compì un ultimo ma vano tentativo per la propria libertà e indipendenza. Il monte appuntito alla sinistra del Parnaso è il Cirfi. Il fiume è il Cefiso, che nasce a Lilæ. Le figure sono quelle di cristiani albanesi.

Informazioni su questa estrazione

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